martedì 4 giugno 2013

Ad Acciaroli, sulle orme di Hemingway

Immaginate un pittoresco borgo marinaro, caratterizzato da acque limpide e cristalline, sormontato da antichissime torri saracene e tutto intorno la magia del Parco Nazionale del Cilento: state immaginando Acciaroli.

Immaginate ora la singolare amicizia tra un burbero americano innamoratosi di queste terre ed un vecchio marinaio del posto, che ha dedicato l’intera vita al mare. State forse disegnando con la mente l’elemento ispiratore di uno dei più bei romanzi della letteratura contemporanea.
“Il Vecchio e il mare” è un’opera emblematica e fortemente significativa del pensiero e della concezione di vita di Ernst Hemingway. Amante viscerale della natura, e spesso della sua brutalità, profondamente attratto dalle mille sfumature dell’animo umano, di cui indaga con un misto di spietatezza e tenerezza insieme le debolezze e le miserie, Hemingway soggiornò diverse volte ad Acciaroli intorno agli anni ’50. Un pescatore, suo amico di dialoghi quotidiani, soprannominato "u viecchio", lo ispirò nella stesura de "Il Vecchio e il mare".
Difficile stabilire con precisione i contenuti dei loro dialoghi quotidiani, tuttavia la fatica profusa nel duro mestiere di pescatore, la probabile saggezza e la prevedibile rassegnazione che ammantavano la vita del vecchio, devono aver agito da fonte ispiratrice per il genio creativo di Hemingway nella stesura di quella che da molti è stata definita la sua opera più triste e poetica insieme: un vecchio pescatore, Santiago, lotta da solo per giorni contro il mare e contro il suo stanco corpo. La preda è uno stupendo e gigantesco esemplare di Marlin, che si arrenderà solo dopo aver fieramente combattuto fino alla fine. Santiago lotta per ottantaquattro giorni contro la sua preda, la cui inafferrabilità lo porta in un crescente vortice di solitudine e delusione. Solo la solidarietà di Manolo, il ragazzo a cui insegna e pescare, e l'esempio dell'italo americano Joe di Maggio, imbattibile capitano della squadra di baseball di New York, di cui rievoca con il ragazzo le imprese sportive lette sul giornale, gli permetteranno di trovare la forza di ritornare in mare. Finalmente Santiago, dopo una strenua lotta durata tre giorni e tre notti, riesce ad uccidere il grosso marlin, provando soddisfazione per aver ottenuto la vittoria finale, ma anche un profondo senso di rispetto per quella fiera preda che per tanto tempo era stata la sua ragione di vita e nella quale si era più volte identificato. Ma il senso di appagamento dura poco: un branco di squali gli strappa la preda, lasciandone solo un simbolico scheletro, quasi a significare la vittoria finale della natura sull’uomo che ha osato sfidarla. La battaglia che il vecchio pescatore ingaggia contro il pescecane è una metafora della vita, della lotta dell'uomo col trascorrere del tempo e con la morte e descrive la disperata lotta per la sopravvivenza che tormentò Hemingway e che lo condusse al suicidio.
Difficile immaginarne il tormento, passeggiando lungo le assolate spiagge di Acciaroli o tra le caratteristiche stradine, scorgendo in lontananza la Torre normanna che nel 1233 l’imperatore Federico II fece inserire tra le torri di guardia del litorale. Di certo è possibile immaginarne l’intenso piacere tutte le volte che i suoi occhi si soffermavano sul lento scorrere della vita degli abitanti di Acciaroli, o sul ritmico frangersi delle onde del mare sulla riva, quando, ci piace immaginare, un pensiero di vita e di serenità invadeva i suoi pensieri, più forte di qualunque senso di solitudine e sconfitta, perché, come dice Santiago: "L'uomo non è fatto per la sconfitta, si può uccidere un uomo ma non sconfiggerlo".
                                                         


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