Immaginate
un pittoresco borgo marinaro, caratterizzato da acque limpide e cristalline,
sormontato da antichissime torri saracene e tutto intorno la magia del Parco
Nazionale del Cilento: state immaginando Acciaroli.
Immaginate
ora la singolare amicizia tra un burbero americano innamoratosi di queste terre
ed un vecchio marinaio del posto, che ha dedicato l’intera vita al mare. State
forse disegnando con la mente l’elemento ispiratore di uno dei più bei romanzi
della letteratura contemporanea.
“Il
Vecchio e il mare” è un’opera emblematica e fortemente significativa del
pensiero e della concezione di vita di Ernst Hemingway. Amante viscerale della
natura, e spesso della sua brutalità, profondamente attratto dalle mille
sfumature dell’animo umano, di cui indaga con un misto di spietatezza e
tenerezza insieme le debolezze e le miserie, Hemingway soggiornò diverse volte
ad Acciaroli intorno agli anni ’50. Un pescatore, suo amico di dialoghi
quotidiani, soprannominato "u viecchio", lo ispirò nella stesura de
"Il Vecchio e il mare".
Difficile stabilire con precisione i
contenuti dei loro dialoghi quotidiani, tuttavia la fatica profusa nel duro
mestiere di pescatore, la probabile saggezza e la prevedibile rassegnazione che
ammantavano la vita del vecchio, devono aver agito da fonte ispiratrice per il
genio creativo di Hemingway nella stesura di quella che da molti è stata definita
la sua opera più triste e poetica insieme: un vecchio pescatore, Santiago,
lotta da solo per giorni contro il mare e contro il suo stanco corpo. La preda
è uno stupendo e gigantesco esemplare di Marlin, che si arrenderà solo dopo
aver fieramente combattuto fino alla fine. Santiago lotta per ottantaquattro
giorni contro la sua preda, la cui inafferrabilità lo porta in un crescente
vortice di solitudine e delusione. Solo la solidarietà di Manolo, il ragazzo a
cui insegna e pescare, e l'esempio dell'italo americano Joe di Maggio,
imbattibile capitano della squadra di baseball di New York, di cui rievoca con
il ragazzo le imprese sportive lette sul giornale, gli permetteranno di trovare
la forza di ritornare in mare. Finalmente Santiago, dopo una strenua lotta
durata tre giorni e tre notti, riesce ad uccidere il grosso marlin, provando
soddisfazione per aver ottenuto la vittoria finale, ma anche un profondo senso
di rispetto per quella fiera preda che per tanto tempo era stata la sua ragione
di vita e nella quale si era più volte identificato. Ma il senso di appagamento
dura poco: un branco di squali gli strappa la preda, lasciandone solo un
simbolico scheletro, quasi a significare la vittoria finale della natura
sull’uomo che ha osato sfidarla. La battaglia che il vecchio pescatore ingaggia
contro il pescecane è una metafora della vita, della lotta dell'uomo col
trascorrere del tempo e con la morte e descrive la disperata lotta per la
sopravvivenza che tormentò Hemingway e che lo condusse al suicidio.
Difficile immaginarne il tormento,
passeggiando lungo le assolate spiagge di Acciaroli o tra le caratteristiche
stradine, scorgendo in lontananza la
Torre normanna che nel 1233 l’imperatore Federico II fece
inserire tra le torri di guardia del litorale. Di certo è possibile immaginarne
l’intenso piacere tutte le volte che i suoi occhi si soffermavano sul lento
scorrere della vita degli abitanti di Acciaroli, o sul ritmico frangersi delle
onde del mare sulla riva, quando, ci piace immaginare, un pensiero di vita e di
serenità invadeva i suoi pensieri, più forte di qualunque senso di solitudine e
sconfitta, perché, come dice Santiago: "L'uomo non è fatto per la
sconfitta, si può uccidere un uomo ma non sconfiggerlo".
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