Nell’affresco
del Masaccio, “Adamo ed Eva cacciati dal
Paradiso”, il senso della tragedia umana e divina è drammaticamente
espresso dai corpi nudi e imbarazzati, dal gesto pudico di Eva, dalla reazione
di Adamo, che si copre il volto con le mani in segno di vergogna.
Ma
se guardate bene capirete che Eva si copre timidamente, in preda ad un profondo
senso di colpa: d’altronde noi donne siamo bravissime a sentirci in colpa per
qualsiasi cosa, persino se non l’abbiamo commessa noi, figuriamoci quando il
nostro uomo ci addita a responsabili del misfatto dinanzi all’ira divina.
Adamo, invece, si copre il volto con le mani. Perché? Forse pentito di non aver
preso le difese della sua donna? Forse perché avrebbe dovuto difenderla dalle
insidie del serpente tentatore? Niente affatto! Se osservate con attenzione
noterete che Adamo sta già rimpiangendo le delizie dell’Eden che si appresta ad
abbandonare per sempre. E da questo momento in poi non farà che rinfacciare ad
Eva un’infinità di cose: i calzini che cambiano miracolosamente di posto ogni
mattina, le chiacchiere della donna che lo distraggono dalla guida facendogli
sbagliare per l’ennesima volta strada, la pasta troppo cotta o troppo cruda. Ma
dico: cara Eva non potevi farci una macedonia con quella mela? Ah, dimenticavo,
ad Adamo non piace la frutta.
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