Quand’è che, nel susseguirsi dei
giorni d’amore, l’amore diventa altro pur restando amore?
Qual è l’istante preciso in cui
al batticuore iniziale, alla passione folle dei primi tempi, ai sospiri
simbiotici si sostituisce un sentimento differente, difficile da definire e per questo portatore di litigi,
frustrazioni, timori e presentimenti?
Perché quando l’amore cessa di
essere innamoramento, il sentimento che funge da ponte per lo stadio successivo
è sicuramente la paura.
Paura di cominciare a percorrere
il lento declino della passione, di diventare una di quelle coppie che nei
ristoranti non si rivolge la parola, né lo sguardo, per tutta la cena, paura
che l’impeto dell’espressione tanto spesso ripetuta “ a me non accadrà mai” si
affievolisca in una pacata rassegnazione o, peggio, in un educato affetto.
Quand’è che ci si può dire salvi
e sicuri di trovarsi sull’altra riva dopo aver attraversato il ponte?
Quand’è che si può dire di aver
raggiunto la rassicurante quiete per aver superato l’ostacolo e scongiurato il
pericolo dell’innamoramento che non diventa altro di diverso dal nulla?
Il delicato passaggio
dall’innamoramento all’amore è come il tempo che intercorre tra il momento in
cui un acrobata del circo lascia il suo trapezio per lanciarsi verso un altro
acrobata che lo attende a braccia protese su un altro trapezio. E se la presa
dovesse fallire? Se all’altro capo non dovesse esserci nessuno a tenderci le
braccia? E se questo qualcuno ci fosse, ma la sua presa fosse troppo debole per
sostenerci?
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