Ricordo che quando ero piccola, davanti all’unico bar del paese nativo di
mia madre, si accalcava ogni giorno una piccola folla: uomini e donne, bambini
e ragazzi.
Tutti ascoltavano rapiti le storie di “Zio Giuseppe”, un personaggio che ognuno di noi conosceva,
originale e un po’ estroso, amava intrattenere i suoi compaesani raccontando
storie.
Nessuno sapeva quanto di inventato o di vero contenessero, fatto sta che
le sue parole, mai casuali, sempre
scelte con cura, avevano un potere ammaliante, in grado di inchiodare
per ore le persone davanti al piccolo bar. Persino le pause e i silenzi erano calibrati
con sapiente maestria da Zio Giuseppe.
Alcuni adulti fingevano disinteresse, mostrandosi occupati a fare altro,
ma intanto non si muovevano dal posto in cui Zio Giuseppe affascinava il
pubblico con i suoi racconti.
Iniziavano tutti con un “mi
ricordo che una volta”…. e al suono di queste parole tutti si fermavano,
pronti ad essere stupiti di nuovo.
Ancora oggi non posso fare a meno di manifestare la mia ammirazione di
fronte ai, purtroppo non tanti, “Zio Giuseppe” che ci sono sul web.
Il desiderio di ascoltare storie
è insito nell’uomo, essere rapiti dalle parole è un’esperienza che non ci si
stanca mai di provare.
Ogni volta che esprimo un “mi
piace”, o condivido una storia, tributo un
silenzioso applauso a Zio Giuseppe.
Mi hanno detto che è ancora vivo e che delizia con i suoi racconti gli
ospiti della casa per anziani dove vive, ma forse questa è solo un'altra storia …
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